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Primordial Future: il viaggio visionario di Maria Boström tra memoria e futuro

  • Immagine del redattore: Francesca Brunello
    Francesca Brunello
  • 8 ott
  • Tempo di lettura: 3 min

C’è un filo invisibile che lega le origini più remote dell’umanità a ciò che ancora deve venire. È lungo questa linea sottile che incontriamo l’arte di Maria Boström, artista finlandese che con la sua prima personale a Roma, Primordial Future, ci invita a riflettere su tradizione, spiritualità e futuro attraverso un linguaggio pittorico denso di luce e vibrazioni.



Il percorso artistico di Maria Boström affonda le radici in una curiosità innata: “Credo sia sempre stato nel mio DNA”, racconta, ricordando i primi anni passati nello studio dello zio Bo Aurens e l’influenza di una famiglia creativa. La sua ricerca nasce proprio da un desiderio profondo di esplorare il senso della vita, di lasciare che la sua memoria e il suo inconscio possano scoprire e assorbire nuove culture, persone e luoghi in quanto, come dice lei stessa: “tutto questo riaffiora naturalmente nella mia espressione artistica”.


L’idea di Primordial Future nasce dall’intreccio di due esperienze: la visione del film Il colore del melograno di Sergei Parajanov e il suo primo viaggio a Roma. Da un lato, le immagini poetiche e i toni intensi del film – il rosso profondo del melograno, i verdi pistacchio, le sfumature terrose – hanno sedimentato nell’immaginario dell’artista una tavolozza vibrante e sensuale. Dall’altro, il confronto con la Città Eterna ha generato una riflessione intima: camminare tra le rovine antiche e la vita contemporanea ha acceso in lei la consapevolezza del tempo come stratificazione, dove il presente convive con il passato: “è stato come se Roma mi avvolgesse con grandi ali protettive”, dice Maria durante l’intervista.




Il processo creativo di Maria è istintivo, quasi rituale. Nella quiete del suo atelier in Svezia, tra musica techno e grandi tele, l’artista si lascia attraversare dall’energia del momento. Non è lei a dominare l’opera, ma l’opera a guidarla: “spesso sento che non sono io a dipingere, ma è la tela che mi parla, che chiede di esistere. Io sono solo un tramite”.


Primordial Future si sviluppa come un intreccio di linguaggi e materiali, dove dialogano pittura, design e memoria. Le tele abitano lo spazio insieme ai tappeti, che trasformano la pittura aprendo la superficie del quadro a una dimensione tattile e abitabile. Accanto a essi, i plexiglass del progetto Actam Rem Ago rielaborano alcuni frammenti delle opere originarie, mutando in composizioni traslucide che moltiplicano la materia pittorica e la proiettano nello spazio. Ogni lavoro diventa così una possibile variazione dell’origine, una forma che si rinnova e si espande oltre la tela:“l’origine è ciò che tiene insieme ogni cosa: dall’antico al moderno, dal visibile all’invisibile. E quell’origine, alla fine, è amore. Amore per sé stessi e per gli altri, amore come energia universale”.


© MBostArts


L’esperienza che l’artista desidera trasmettere ai visitatori è intima e trasformativa: trovare “la crepa” dentro la pittura, quel varco che permette di riconnettersi a sé stessi: “Il mio desiderio è che lo spettatore, il visitatore o l'acquirente trovino quella crepa nel dipinto e, una volta trovata, possano entrare in intimità con l'opera, scoprendo qualcosa che susciti in loro emozioni di ogni tipo: dalla rabbia alla gioia, dal trauma al desiderio o all’eccitazione. Questo è il mio più grande desiderio: l’amore e l’accettazione di sé, del proprio io totale. L’arte dovrebbe far emergere tutto ciò che sentiamo dentro. Non esistono emozioni negative: le emozioni sono emozioni e sono semplicemente reali e pure.”


Anche il linguaggio dei colori è parte integrante di questo messaggio. Ocra e verde pistacchio diventano simboli archetipici: il maschile e il femminile, la terra e il cosmo, forza e armonia. Due poli che si completano e dialogano, creando un ritmo visivo che guida lo sguardo e le emozioni di chi osserva, invitando a percepire l’equilibrio e l’energia che animano l’opera.


Con Primordial Future, Maria Boström ci invita dunque a immergerci in un tempo sospeso, dove passato e futuro si incontrano nell’energia primordiale dell’arte. Un percorso che non dà risposte definitive, ma apre spazi di contemplazione, lasciando che sia la pittura – e non l’artista – a guidare chi osserva.




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