LIMBUS - Soglie Mistiche
28 Marzo - 16 Maggio 2025
Villa Angaran San Giuseppe, Via Cà Morosini, Bassano del Grappa, VI, Italia
“Egli ascolta ma non ode, vede eppure è cieco, sa e tuttavia è ignorante.”
C.G. Jung L’uomo e i suoi simboli
La parola limbo nasce dal latino limbus «lembo», intesa come bordo, zona di confine, limite. Dante Alighieri utilizza questo termine nella Divina Commedia per descrivere il I Cerchio dell'Inferno, l'orlo estremo della voragine infernale. Qui dimorano le anime senza peccato ma escluse dalla salvezza, sospese in uno stato di attesa eterna. Non subiscono alcuna pena fisica, ma vivono nell’inappagabile desiderio di vedere Dio, sospirando incessantemente.
In questa mostra, il limbo vuol essere sinonimo di inconscio, richiamando tutte quelle attività mentali che operano al di fuori della consapevolezza dell'individuo. L'inconscio è una dimensione psichica nascosta, dove risiedono pensieri, emozioni, impulsi istintivi, immagini e schemi comportamentali che influenzano profondamente l'agire umano, pur rimanendo al di fuori del controllo cosciente. È uno spazio enigmatico e potente, da cui emergono sogni, paure ed emozioni che modellano la nostra esperienza del mondo. Secondo Carl Gustav Jung per quanto non vi sia coscienza di ciò che permea l’inconscio, possiamo comunque entrare in contatto con esso, in particolare attraverso le immagini, l’analisi dei sogni e profondi stati meditativi. L’inconscio nasconde spesso le nostre più grandi paure e, nel corso della storia, molti artisti si sono confrontati con i loro mostri interiori. Basti pensare a Francisco Goya con Il sonno della ragione genera mostri.
L’arte è una delle più potenti rappresentazioni dell’inconscio: un linguaggio universale che permette di esplorare ciò che giace oltre la carne e i limiti fisici. La stessa Divina Commedia può essere considerata come metafora di un viaggio interiore che parte dall’oscurità e dall’orrore per poi finalmente raggiungere la luce. Dialogare con le nostre ombre, visualizzarle, darci una forma, altro non è che un processo di accettazione di quella parte di sé oscura, che rifiutiamo inconsciamente. Il limbo, in questo senso, si presenta come uno spazio intermedio, una soglia, dove l’anima è costretta a confrontarsi con la sua essenza più profonda. È il luogo in cui si dissolvono le certezze, le verità razionali si infrangono e la mente si svela in tutta la sua complessità. In questo contesto si inserisce la ricerca di tre giovani artisti contemporanei: Anguanatatu, Cromorte e Giovanna Morando, che esplorano questa dimensione ambigua con tre stili differenti però accomunati da un fil rouge.
Anguanatatu (Veronica Merlo) con la sua estetica fortemente surrealista, ci incoraggia a esplorare un universo onirico ricco di simboli e suggestioni mistiche. La sua ricerca trae spunto dall'interpretazione freudiana dei sogni, rivelando un legame profondo con l'inconscio e con un immaginario fiabesco e ancestrale. I suoi paesaggi ipnotici, avvolti in sfumature di blu e nero, raccontano un mondo sospeso tra realtà e sogno, dove la Natura assume un ruolo sacro e spirituale. I volti enigmatici che popolano le sue opere, simili a maschere rituali, evocano un senso di mistero e connessione con l’aldilà, trasportando lo spettatore in un viaggio introspettivo tra visibile e invisibile.
Cromorte (Michael Cromarty) trasforma il mondo onirico in un universo psichedelico e vibrante, a tratti giocoso e irriverente. Le sue figure impertinenti, dalle forme imprevedibili e dai colori accesi, richiamano un immaginario underground ispirato allo stile cartoonesco degli anni ’30. Con un’ironia sottile e un’estetica psichedelica, Cromorte gioca con l'orrore e la deformità, sovvertendo le paure più profonde dell’inconscio e trasformandole in visioni vivaci e dinamiche. La sua ricerca artistica dissolve i confini tra sogno e incubo, bellezza e inquietudine, incoraggiando lo spettatore a confrontarsi con le proprie emozioni più recondite.
Giovanna Morando indaga il rapporto con se stessi e con il mondo circostante attraverso un linguaggio figurativo potente e viscerale, ispirato al Surrealismo, all'Optical Art, alle grafiche degli anni Sessanta, al Simbolismo e all’Arte giapponese. La figura femminile, presenza costante nelle sue opere, diviene specchio di un vissuto interiore, rivelando una dimensione intima dell’anima. I paesaggi surreali e le atmosfere di calma apparente avvolgono lo spettatore in un silenzio denso di significati, evocando emozioni contrastanti. I colori intensi creano un perfetto equilibrio tra quiete e tensione emotiva, che ci accompagna in uno stato di raccoglimento e contemplazione.
Le opere di questi tre artisti si ergono come portali verso altre dimensioni. Ogni visione diventa un passo verso la comprensione di un'inquietante bellezza, dove mistero e meraviglia si fondono, spingendo lo spettatore ad attraversare le soglie della propria percezione e a confrontarsi con la vastità dell'inconscio. Limbus - Soglie Mistiche non è solo un invito a esplorare questi confini, ma una sfida ad abbracciare le emozioni più profonde, in un cammino che, pur non avendo fine, conduce sempre più vicino alla nostra verità interiore.
A cura di
Francesca Brunello